giovedì 7 maggio 2009

Inverso

I

Se n’era andato da Esse dopo la laurea in psicologia. Aveva passato in quella città quasi otto anni della sua vita. La sua carriera universitaria era cominciata alla facoltà di ingegneria ma dopo quasi due anni aveva preferito cambiare perché la matematica, hai voglia ad ostinarsi, non era proprio roba per lui. Dopo la laurea avrebbe potuto cominciare a fare qualcosa in città, magari avrebbe continuato con i soliti lavoretti al bar o nei pub come aveva fatto fino a poco prima di laurearsi e poi svettare nel giornalismo, come aveva sognato da sempre. C’erano gli amici che, a mano a mano, come i suoi capelli lunghi e riccioluti, si diradavano rapidamente. E in effetti, sia gli amici che i capelli se n’erano andati quasi tutti. Gli amici erano, alcuni, ritornati nei luoghi d’origine dopo il raggiunto titolo accademico, altri andati altrove a cercar ventura. Così anche lui decise di fare ugualmente: si rasò i capelli a zero, chiamò i suoi al telefono e disse “parto per Emme, a far che, lo deciderò strada facendo”.
Emme era di certo una metropoli in confronto a Esse, e lui non è che vi fosse molto abituato. Trovò ostello presso una coppia di amici-amanti che gli offrirono per vitto una congrua spartizione delle spese alimentari e alloggio un divano letto. Tutte le mattine si alzava di buona lena, prendeva la sua agenda, piccola ma corposa, foderata di pelle marrone, e incominciava ad appuntare date, luoghi, numeri di telefono, appuntamenti. Se li faceva tutti, gli appuntamenti, con la speranza di trovare un lavoro. All’inizio fu veramente dura. Camminava nel deserto cittadino come se lui stesso fosse un bandolero che attraversava una città centroamericana sospesa tra la fine e il principio del ventesimo secolo, avrete pur presente, no, quattro assi di legno in croce appiccicati con saliva e sudore, un saloon, il municipio, la banca e più in là, a far da sfondo metaforico, il cimitero. Insomma, sì, nevvero, si sentiva un po’ straniero. Poi gli amici-coppia riuscirono a dargli un’ulteriore mano, trovandogli una stanza a casa di una loro amica: il fitto era buono, la zona centrale. La compagnia pure, perciò poteva stare tranquillo, almeno relativamente. La vita, certo, era molto diversa da prima, da quando stava ad Esse.

Nessun commento:

Posta un commento